Favelas |
Strutturazione fisica e sociale della cittá divisa |
Croquis de lettura de la struttura
del luogo-Rocinha
Il
paradosso attuale evidente nel progetto urbano è che, mentre la
telematica ingrandisce il potenziale della dispersione geografica, il
processo di globalizzazione economica impone una logica che richiede luoghi
strategici dotati di enormi concentrazioni di infrastrutture, mano d’opera
ed edifici specifici.
Ma la combinazione di nuove capacità organizzative, nuove
tecnologie e nuovi settori di crescita procura, nei paesi dell’America
Latina, sia la formazione di nuove centralità che un enorme incremento
della marginalità.
La sua chiara manifestazione è la creazione di una città
divisa tra il denominato “settore formale”, con un centro,
sottoborghi e rioni, ed il “settore informale”, formato da
villas miseria ed estese periferie senza qualità, divisione che
determina un forte trauma urbano.
Sappiamo, da Freud, che le questioni traumatiche rimandano ad una perdita
primordiale del soggetto in relazione al campo dell’altro. Questo
è il risultato di un simile eccesso, inammissibile, ma è
la realtà e si va manifestando sottoforma di sintomi, ansie e paure.
Ma esistono anche momenti storici precisi che si prestano magiormente
a che questa inammissibilità si produca.
Per questo motivo è necessario controllare, attraverso interventi
urbani ben elaborati, qualcosa che permetta la connessione e che faciliti
l’articolazione delle differenze, quando queste diventano intollerabili.
Quando si verifica un breve vuoto, un trauma inammissibile come la “città
divisa”, sorge l’esigenza di restituire le connessioni a partire
da progetti di edifici capaci di articolare strategie - in questo caso,
la questione urbana considerata a lungo termine - con interventi puntuali,
specifici, capaci di rispondere alle maggiori urgenze.
È
in questo contesto che si deve inserire la questione abitativa.
Oggi, la varietà di processi in corso si relaziona alla dispersione
territoriale di persone, pratiche economiche e culturali, ed ha il suo
sintomo urbano nell’aumento del cosidetto “settore informale”,
questo è il risultato dell’occupazione di terre pubbliche
o in causa, di viottoli, piazze e spazi residui da parte di tutti i tipi
di “clandestini”.
Si è creata così la domanda per interventi di ristrutturazione
nelle grandi metropoli Latinoamericane. Organismi altamente complessi
dove si intercettano logiche di molteplice natura; queste città
esigono un concetto di progettazione e sviluppo strettamente vincolato
al progetto urbano ed alle politiche abitative. Tale progettazione deve
essere capace di articolare le questioni fisiche - cioè, urbanistiche,
infrastruttarali e paesaggistico/ambientali - con quelle sociali, che
comprendono temi culturali, economici, esistenziali e di sicurezza cittadina,
oltre agli aspetti ecologici considerati nella propria dimensione mentale,
sociale ed ambientale.
IL
PROBLEMA DELL’ARTICOLAZIONE DEL FORMALE E DELL’INFORMALE IN
AMERICA LATINA
La
questione delle abitazioni nell’attuale contesto deve inscriversi
nello scenario della formulazione di politiche urbanistiche che devono
includere la lotta all’esclusione ed al miglioramento della qualità
di vita della popolazione, come uno dei suoi componenti fondamentali.
Tale approccio esige la considerazione della struttura urbana come un
tuttuno, questo è il problema delle connessioni tra le sue parti
“formali” e “informali” visto come una questione
primaria, così che le politiche pubbliche per garantire l’accesso
alle abitazioni, specialmente per i più deboli, diventino decisive.
Nelle città latinoamericane la percentuale di “città
informale”, in alcuni casi, è maggiore di quella della città
formale. A Caracas la relazione è del 60% di città informale
e del 40% formale. A Lima l’area informale arriva al 70%. Nella
maggior parte dei paesi della regione la percentuale è alta, variando
dal 30 al 50% in Messico e Brasile. In Argentina, Cile e Uruguay la percentuale
di informalità è dell’ordine del 10%. Per questo non
si tratta solo di costruire un certo numero di residenze per risolvere
il deficit abitativo, bensì di farlo a partire da una concezione
di città, dove il molteplice e il diverso permettano e valorizzino
l’esistenza dello spazio dell’individuo.
APPRENDISTATO
DELL’URBANISTICA DELL’INFORMALE
L’economia
informale si sta convertendo in un’impronta del nuovo millennio
in tutti i continenti. Nello stesso momento in cui si dispone di mezzi
tecnologici altamente sofisticati per manipolare informazioni ed immagini,
non si riesce a garantire acqua, infrastrutture, alimenti o lavoro per
una smisurata parte di popolazione. Questa situazione scaturisce dall’applicazione
di modelli economici di “sviluppo” che non perseguono il bene
comune, uno degli aspetti fondamentali dovrebbe consistere nell’offrire
abitazioni a gruppi socialmente più deboli, quelli con cui non
si possono ottenere grandi lucri. Per questo motivo il processo denominato
“urbanistica dell’informale” nel contesto in cui qui
stiamo trattando, finisce per costituire l’elemento dominante nella
produzione di città in Latinoamerica. Il fenomeno è caratterizzato,
quasi sempre, sia da un occupazione indiscriminata del suolo, inadeguate
condizioni di accessibilità, inesistenza di titoli di proprietà,
mancanza di attrezzature e servizi, sia da diversi gradi di precarietà
degli edifici. Ma allo stesso tempo c’è un alto livello di
partecipazione della comunità, dove un’intensa e ricca inte-razione
tra azioni umane e condizioni spaziali garanti-scono un modo originale
di munirsi di servizi e infrastrutture a posteriori, utilizzando incluso
la strada come estensione di spazio privato.
Così, lo spazio che ne risulta dai processi di occupazione “informale”
è sempre in riconfigurazione. Suddivisione del suolo, usi, infrastruttura
e relazione pubblico-privato presentano un alto livello di adattabi-lità.
In questo contesto gli edifici progettati sono segni visibili di una nuova
“aura” del luogo e rappresentano la conquista del diritto
all’architettura ed ai servizi dei quali sono portatori. Costituiscono
impronte rilevanti della presenza delle istituzioni del potere pubblico
e sono riconfiguratori del paesaggio, stabilendo nuove referenze qualitative.
Gli edifici residenziali, siano individuali o collettivi, devono essere
portatori di un “germe urbanistico”, così da contribuire
alla configurazione della “facciata urbana”. Inoltre, devono
permettere la modifica dei suoi abitanti attraverso il tempo, garantendo
allo stesso tempo la coerenza della facciata pubblica.
Questo significa che le alterazioni, realizzate dagli utenti, non devono
alterare negativamente la qualità introdotta da nucleo originale,
realizzato mediante l’intervento del potere pubblico.
Ciò comporta che l’oggetto architettonico residenziale sia
concepito come costituito da due componenti: uno “pubblico”
e l’altro “ privato”.
L’unità abitativa è il punto di intersezione di questi
due domini e nelle aree informali, questo è di grande importanza.
Edificazione resedenziale en Macacos
Jorge
Mario Jáuregui
|